Manifesto


La strada del migrante

Non c'è bisogno di spostarsi geograficamente, almeno non all'inizio. Un'anima migrante non ha paura del profondo, è irrequieta e benché ami il luogo in cui si trova, sogna sempre di essere altrove.

Più che la possibilità conta il desiderio di cambiare posto, di inseguire l'orizzonte, di ricominciare da capo. Se il desiderio nutre il passare del tempo e un giorno arriva l'opportunità, il brivido blocca i muscoli e la vita si ferma.

La possibilità di rendere vero un sogno spesso spaventa e molti si tirano indietro. Frantumare le aspettative schiantandole contro la realtà è un rischio troppo grosso, meglio rimanere al sicuro, con i sogni nel cassetto e i vestiti in ordine.

Il migrante invece parte (sono pazzo, sono pazzo!), spesso rimane scottato e deluso ma non tornerebbe mai indietro: perché il fallimento è una vergogna e il successo è incredibile, perché ormai è troppo tardi e la pelle del corpo cambia. In ogni caso l'orizzonte resta sempre davanti e indietro non si torna, anche se fai la strada inversa.

Molti migrano per colpa della fame e della guerra, ma altrettanti lo fanno per il brivido, per la scossa. Il migrante che potrebbe rimanere dov'è ma sceglie di andare via è il simbolo dell'umano e della scoperta; dell'incompiuto e della ricerca.

Il teatro migrante è un teatro di sola andata. Non ci sono anni migliori ma anni primi. Non esistono scorciatoie perché il meglio di tutto non è ancora arrivato e quando sarà fra noi non ce ne accorgeremo. Perciò è fondamentale il paesaggio, la strada, l'oggi. Cambia tutto: il corpo, la voce, la mente. Rimane soltanto qualche traccia del passato, la strada del presente e l'orizzonte che ci aspetta.

Il migrante sa che la solitudine, se non dura troppo a lungo, è un regalo travestito da sciagura. Sapere fin dove si può arrivare non è un dono da poco, ma questo si capisce soltanto in assenza di amore e di cattiveria. Chi torna dalla solitudine urla poco ed è più forte, ha bisogno degli altri per rimanere umano, non per misurare il proprio ego.

Il grande tesoro del migrante sono i viaggi (del corpo e della mente) e i cambiamenti (di vita e di pelle) ma soprattutto le storie che ne derivano, testimonianze di metamorfosi e cronache di rinascite improvvise.